Demeritando un merito…

0
Reggina 1-1 Catania
fonte: siciliajournal.it
Reggina 1-1 Catania
fonte: siciliajournal.it

Demeritando un merito…


Catania che impatta a Reggio Calabria contro una modesta Reggina, a seguito di una partita ben condotta per larghi tratti, ma non chiusa per tempo. Furto negli spogliatoi rossazzurri durante il match.

Demeritando un merito… rischi di gettare nel gabinetto quanto di buono fatto sino a quel momento. Ebbene, il dio del Calcio non è certo uno dei più giusti o comprensibili che ci siano in circolazione, questo lo si sa dai tempi degli dei dell’Olimpo. É risaputo che puoi anche prendere a pallonate una squadra per 94 minuti non riuscendo a segnare e incassare, un minuto dopo, l’unico tiro in porta della partita e perderla. Sappiamo tutti come funziona e lo dovrebbe sapere anche Pino Rigoli, al quale si riconoscono moltissimi pregi per quanto visto sul campo a livello tecnico-tattico in queste tre gare disputate, ma si imputano parecchie colpe per ciò che concerne l’aspetto caratteriale messo in campo dagli undici rossazzurri scesi in campo nella ripresa dell’appena disputata partita a Reggio Calabria.

Così è stato. Un tiro in porta e un gol dei padroni di casa. Precedentemente solo una punizione alta e qualche parapiglia in area nel primo tempo: questa è la squadra contro cui si son persi due punti. L’arroccarsi a difesa dell’1-0, salvo la traversa di Russotto (il migliore dei suoi) al 51′, è sembrato un sintomo di immaturità preoccupante, una mentalità non vincente, un modus operandi non da Catania. Gioco-forza, anche una squadra di Eccellenza, se gli dai spazio di spostare il proprio baricentro in avanti, prima o poi – di testa, di piede, con un colpo di arbitro o con un colpo di fondoschiena – il gol lo trova, demeritando un merito… per rimarcare questo ossimoro. Per gli obiettivi dichiarati da questa società, per quanto di miracoloso ha fatto Lo Monaco nell’andare a sanare situazioni ripugnanti al solo pensarle (caso Rinaudo, caso Rolin, iscrizione al campionato, allestimento rosa, caso Castro ?) e per quanto questa tifoseria abbia dovuto ingurgitare in questi tre anni di strazio, sarebbe meglio accorciare i tempi di apprendimento e cercare di mettere a fuoco con quale maglia si scende in campo, contro quale tipo di avversario e in che categoria si sta giocando.

Episodio cardine “sparti-acque”. Proprio il palo di Russotto: prima di ciò gli uomini di Pino Rigoli si sono dimostrati impeccabili, agendo con disinvoltura sulle fasce e mettendo in seria apprensione la difesa amaranto, rea di aver lasciato spazi invitanti a Russotto e Piscitella, nonché Djordjevic e Nava, capaci di raggiungere il fondo e mettere insidiosi palloni in area. Il centrocampo, con Fornito e Biagianti, riusciva a fare filtro – anche con relativa facilità, diremmo – e Scoppa poteva agire più liberamente, mandando in porta un Paolucci generoso, ma poco incisivo nel complesso dei 90 minuti.

Dopo il legno colpito dal giocatore romano, i rossazzurri sono apparsi un po’ demoralizzati o stanchi, usate l’alibi che più vi piace. Fatto evidente: hanno smesso di correre. La squadra di Zeman junior, invitata a nozze, giustamente ha cominciato a prendere coraggio e metri. Fintantoché la difesa ha retto, gli orrori del centrocampo sono stati camuffati. Poi Bastrini (e non Drausio – in procinto di diventare capro espiatorio della piazza), ha pensato bene di tenersi a distanza da lui 20 metri (per evitare di essere contagiato dai suoi capi d’accusa) lasciando un’autostrada nel cuore dell’aria di rigore a quel gran campione di Bangu, che ci beffa (Pisseri non irresistibile nell’occasione) e fa 1-1. E finisce la partita, con qualche altra “meta da 3” – per usare un gergo rugbistico – della squadra etnea.

I 10 alibi-comandamenti: conosciamoli meglio. Ora, qualcuno, se non la maggior parte degli intellettuali del calcio, comincerà col listino della spesa: gli alibi pre-campionato da caponatina alle tre di notte. Vale a dire:

  1. É troppo presto per giudicare. Lasciamoli lavorare.

  2. Gli stranieri hanno bisogno di tempo per ambientarsi al mega-tatticismo super galattico del campionato più duro e faticoso del mondo (palla lunga e pedalare – vedi Reggina).

  3. C’è la penalizzazione. Anzi, dovrà essere aumentata a 7 punti, a breve.

  4. Abbiamo preso un palo.

  5. Il campo di gioco era adibito alla coltivazione di graminacee e piante della specie Solanum tuberosum (le patate per i poco intellettuali).

  6. Abbiamo perso contro un’ottima squadra (non sto scherzando…c’è chi lo dice).

  7. Il venticciolo di ponente soffiava in direzione opposta.

  8. Non mi puttai me soggira d’appresso, s’annunga cia lassava curriri.

  9. É colpa di Gil e del suo nuovo nome. Era meglio chiamarlo Drausio.

  10. Il Catania è degno di salvarsi all’ultimo secondo dell’ultima giornata (che Dio ce ne scansi!).

Eccoli in tutto il loro splendore. Sono i 10 alibi-comandamenti che, prontamente (perché no, anche giustamente, visto il periodo storico-calcistico), verranno utilizzati dai poeti del calcio. Il loro utilizzo più disparato varia dalle 20 alle 30 volte al minuto, in rapida sequenza. Finché, ovviamente, il loro interlocutore conserva il proprio autocontrollo. Il dubbio amletico che mi/ci attanaglia è: per quanto tempo invocheremo questi alibi? Qualcuno mi ricorderà che la tolleranza zero non aiuta un gruppo che cerca di far fronte alle enormi difficoltà di inizio stagione, ma intanto si son persi 4 punti nelle ultime 2 trasferte, demeritando un merito… Questi punti, persi alla prima, alla seconda, alla terzultima o alla penultima giornata, si accumulano inesorabilmente e vanificano una stagione di sacrifici, di impegno, sudore, speranze e ambizioni che questa società avrebbe in progetto. É lì che vi voglio! Si rimarcherà il fatto della consistente penalizzazione (forse annullabile durante l’anno o forse incrementabile…questo non è lecito comprenderlo a noi stolti mortali) e si schettineranno le proprie responsabilità, aggrappandosi agli scogli (cosparsi di “lippo a tinchité” – per gli oxfordiani muschio viscido) della falsità e della disonestà intellettuale, ove un Lo Monaco farà da schermo e sguainerà la spada a protezione del lavoro di tutti, come è giusto e lecito che sia.

Oggetti rubati. Perché, poi, questa è Lega Pro…o meglio: questa è l’Italia. Un bel mercoledì io mi sveglio la mattina, trastullandomi sagacemente nel letto, per poi guardarmi attorno nella mia stanza e partorire la genialata del secolo: derubare i giocatori del Catania…demeritando un merito…giustappunto. Mi lavo, mi vesto, scendo giù al bar, parlo di calcio coi soliti idioti di turno e prendo un caffè macchiato con tre cucchiai di zucchero di canna. Dopodiché, con cotanto spirito pirandelliano, sviluppo un piano d’attacco prendendo spunto da un famoso gioco di gangster per console (es. GTA) e decido di mettere in pratica questo furto che mi porterebbe al prossimo livello del gioco. Missione master: violare la sicurezza dello stadio Granillo. Se stai ridendo mentre leggi, sappi che sei un uomo sbagliato.

Arrivato all’impianto reggino, mi ricordo di non aver avuto il permesso di comprare un RPG o un lancia-granate (per il momento) e fomento in me l’idea di utilizzare me stesso come oggetto contundente, ma, poco dopo, realizzo di essere importante ai fini della riscossione del bottino e abbandono l’idea. Decido, quindi, di utilizzare la prima pietra che incontro per strada. In maniera del tutto tranquilla, mentre la mia squadra perde, pareggia, vince (e non me ne frega alcunché), io sfondo una vetrata che dà nello spogliatoio del Catania e frego cellulare, rolex e fedina a Biagianti e a tutta la sua combriccola. Bingo. Fatto ciò, esco fischiettando e trotterellando come un fringuello in primavera. Che ci vuole?

Credo che dovremmo bloccarci un po’ tutti e riflettere approfonditamente. Gli episodi spiacevoli e accidentali possono capitare, a tutti. Tuttavia, il genere e la consistenza di questa assurdità, nella paleolitica era del 2016, in un paese che punta ad essere il quarto mondo, non deve catapultarci nel regno delle nuvole, a mangiar pane e “lapuni” sottolio. Ma neanche devono indignarci così tanto le vignette di Charlie Hebdo, se ci sentiamo toccati nella nostra italianità. Perché, sempre demeritando un merito…a lungo andare…si diventa schiavi della nostra stessa ipocrisia.

Le pagelle:

CATANIA (4-3-3): Pisseri 5,5; Nava 5,5, Bastrini 5, Gil 6, Djordjevic 5,5; Biagianti 6, Scoppa 5, Fornito 6; Russotto 7 (63′ Di Grazia 5,5), Paolucci 5,5, Piscitella 6,5 (71′ Di Cecco sv). A disp.: Martinez, De Santis, Mbodj, Di Grazia, Di Cecco, Sessa, Silva, Anastasi, Calil. All: Pino Rigoli 5.

ARBITRO: Pierotti di Legnano 4; Lombardi-Mokthar 6.

SICUREZZA: voto 0.

Pietro Santonocito