“Chi di Speranza vive…disperato muore” oppure “La Speranza è l’ultima a morire”? Due dei dilemmi più mistici della vita che fanno a botte tra loro per prevalere l’uno sull’altro. Talvolta prevale il primo, talvolta il secondo, fatto sta che c’è sempre di mezzo una signora vestita di verde chiamata Speranza. Essa dorme in un sonno glaciale sotto lunghi strati di carne rossazzurra che, con ogni sua molecola, la ripudia maledicendola giorno dopo giorno di essere esistita.
Ma il Caso cerca ancora la sua Lei, la bella Speranza, nel profondo desiderio di riabbracciarla di nuovo. Ed è così che Caso voglia di nuovo un Catania costretto alla prova delle prove in terra friulana, rimembrando le gesta di un Catania, stagione 2006-2007, che dalle ceneri di un 2 Febbraio seppe rinascere come una fenice infuocata di lava dell’Etna. Bastò un rigore di Spinesi, forse non troppo netto, a decidere la partita che lanciò la squadra di Pasquale Marino verso il risveglio dell’amata Speranza.
Oggi, come 7 anni fa, è tempo di guardare in faccia al Caso e ritornare lì, dove tutto si decise, per riscrivere l’ultima pagina di un libro magico durato 8 gloriosi anni. Anni di gioie e di dolori, ma soprattutto gioie che il Catania ci ha sempre regalato facendoci soffrire a volte fino all’ultimo istante, ma regalandoci una felicità incommensurabile.
Certo, il passato è passato e oggi viviamo un presente diverso. Una squadra depressa e deformata dalle sconfitte, palesemente diversa da quel Catania capace di risvegliare una Speranza seppellita da tempo. Ma è dovere tentare, è obbligo non mollare forti di una Matematica non in grado di domare un Caso che continua a farsi beffe di lei. E chissà se proprio il Caso non ci tenga per mano tutti, ancora una volta, per alzare le braccia al cielo e urlare insieme… E’ SERIE A! Ai posteri l’ardua sentenza.
Di Pietro Santonocito