Catania semplicemente agghiacciante ieri in quel di Verona. Squadra cadaverica sin dal primo minuto. Interpreti inguardabili, senza anima, senza voglia, senza stimoli, senza professionalità. I giocatori che entrano in campo devono essere undici, non uno, non mezzo. Dov’è l’amor proprio? L’attaccamento? Il senso d’appartenenza? Non lo sappiamo più. Forse ci aspetta in serie B, proprio dove si trova già la testa di questi giocatori che scendono in campo solo perchè costretti, ma già con i pensieri da un’altra parte. Non se ne può più. Vedere ogni settimana un campionato scadente che aspetta solo una nostra vittoria, per poi guardare un Catania che è ancor più impalpabile è davvero straziante per noi tifosi. Perchè noi siamo quelli che non retrocederanno mai, che sono stati sempre vicini a questa squadra nel bene e nel male, che chiedevano solo un po’ di rispetto e niente di più. Retrocedere ci sta per carità, ma così non è accettabile. La serie B era dietro l’angolo lo sapevamo, ma se ci avessero voluto credere, se avessero voluto giocare, forse si poteva evitare questa situazione maledetta. I quattro schiaffi di Verona sono un chiaro segno del disastro Catania. Solo gli scaligeri in campo, etnei non pervenuti. Eppure il Bologna aveva perso, il Livorno avrebbe perso, il Chievo non ne parliamo, il Sassuolo avrebbe giocato in casa contro la Juventus. Ma è inutile parlarne, non era la prima domenica che si presentassero circostanze simili, non era la prima domenica che il Catania perdesse un’altra occasione, l’ennesima, senza neanche provarci. E allora se la meritano sì, se la meritano proprio questa serie B perchè gliene importa poco e solo chi ha fame e voglia può avere il premio della salvezza. Non ci hanno dato niente, non ci hanno trasmesso nulla. Già alla fine del primo tempo sotto 3-0 sotto i colpi di Toni, di uno sfortunato autogol di Frison e della prima rete stagionale di Marquinho, poi arriva il gol di Juanito Gomez nella ripresa. Quattro pere che rimangono in gola al Catania che muore soffocato ed affogato nel pantano del Bentegodi. Non si può neanche commentare una prestazione così arrendevole di una squadra sostanzialmente morta. Poi si tocca il fondo e l’apice allo stesso momento quando entra in campo il giovane attaccante Simone Caruso, puro cuore catanese, che s’impegna con tutto l’amore che ha per la squadra della propria città. Fa a sportellate coi difensori avversari, grida ai compagni pretendendo di avere la palla, si fa vedere sempre quando può, ci mette la gamba senza tirarsi indietro, ci prova in tutti i modi per quel poco che può. Si tratta solo di un ragazzo del ’94 ai primi minuti in serie A, ma che si rompe l’anima per far qualcosa perchè a lui fa davvero male il risultato, perchè a lui fa davvero male vedere la propria squadra del cuore affondare come il Titanic in mezzo all’oceano. Era troppo chiedere un minimo dell’impegno che ci ha messo questo ragazzo? Era troppo chiedere di onorare la maglia qualunque esito fosse arrivato alla fine della stagione? Secondo noi no. Anzi adesso i tifosi chiedono che questi giocatori non indossino più la maglia tradizionale a strisce rosso-azzurre e vogliono vedere giocare la Primavera al posto dei titolari nelle ultime tre giornate. Non sappiamo se la società si umilierà a tal punto, non vogliamo neanche esprimerci su questa drastica richiesta frutto di un amore struggente ed arrabbiato nel più profondo del nostro essere catanesi. Certo è che adesso saremo asfaltati da una Roma in corsa scudetto e, quasi sicuramente, la matematica ci condannerà nella prossima giornata una volta per tutte. Prepariamoci coi fazzoletti, perchè le lacrime sgorgheranno sinceramente e disperatamente sul viso dei veri tifosi che ameranno sempre il Catania, ma che soprattutto non lo abbandoneranno mai. Adesso vogliamo solo che questa agonia abbia termine perchè non la sopportiamo più. La nostra fede non retrocede, così come la nostra dignità. Ma loro non ne hanno avuta nemmeno un briciolo.
Di Federico Fasone